PRIMI SCALATORI DOLOMITI DI BRENTA

22 luglio 1864 Jhonn Ball assieme ai fratelli cacciatori-guide Bonifacio Nicolussi e Matteo Nicolusi furono i primi ad attraversare la Bocca di Brenta 2552 m.

 

 

Gli inseparabili Teo e Facio Fra le primissime guide alpine del Gruppo di Brenta ci furono i due fratelli Nicolussi. Matteo, figlio di Giacomo e di Marianna Degasperi, era nato a Molveno il 3 marzo 1839, e il 23 febbraio 1884 sposò Annunziata Aldrighetti dalla quale ebbe sei figli: Albina (23 novembre 1885); Primo (17 aprile 1887); Ottilia (27 novembre 1888); Gioseffa (24 giugno 1891) e Secondo (24 giugno 1891). Bonifacio (5) invece, che era nato a Sarche, frazione di Calavino, il 12 maggio 1841, sposò Gisella Giordani e da lei ebbe otto figli: Marianna (18 dicembre 1880); Luigi  Giuseppe (7 giugno 1882); Genoveffa (24 ottobre 1883); Albino (28 maggio 1885); Daniele (7 ottobre 1888); Erminia Gioseffa (3 luglio 1891); un maschio nato morto (5 luglio 1894) e Graziano (14 gennaio 1898). Appena furono in grado di camminare, Bonifacio e Matteo, stavano già sugli alpeggi ad aiutare il padre a badare al gregge. La loro fu un’esistenza semplice e libera, in compagnia di pecore e capre. Il padre Giacomo, oltre che contadino e casaro, era anche una valente guida alpina e un noto cacciatore d’orsi, che si distinse per aver ucciso proprio nei dintorni di Molveno circa una trentina di plantigradi (6) intascando lauti compensi. Appena furono in grado di camminare, Bonifacio e Matteo, stavano già sugli alpeggi ad aiutare il padre a badare al gregge. La loro fu un’esistenza semplice e libera, in compagnia di pecore e capre. Il padre Giacomo, oltre che contadino e casaro, era anche una valente guida alpina e un noto cacciatore d’orsi, che si distinse per aver ucciso proprio nei dintorni di Molveno circa una trentina di plantigradi (6) intascando lauti compensi. A questa scuola Bonifacio e Matteo vennero a forgiare il loro carattere. Le loro gambe divennero forti come quelle di un cavallo da tiro e i loro polmoni simili al mantice di una forgia, e fu in questo contesto che i fratelli Nicolussi maturarono quella passione di scalare quei monti aspri e belli. Nel 1876, dopo circa un decennio di attività dei Nicolussi, le guide trentine riconosciute dalla SAT erano soltanto 13. Nell’agosto del 1881, in occasione del IX raduno della SAT a Molveno, il dirigente ing. Annibale Apollonio (7) durante la sua relazione d’apertura accennò alle guide locali e vennero fuori i nomi dei fratelli Nicolussi: “Il Bonifacio gaio, discorsivo, e servizievole fin troppo, pratico come un camoscio di queste bocche e cime dolomitiche che sono il suo dominio; il Matteo più taciturno, ma non meno fermo, attento e sicuro sulle rupi piramidali e sui ghiacciai laceri e spezzati… (8)”. I Nicolussi appartenevano a un’antica famiglia di Luserna, giunta a Molveno nel 1826. All’età venerabile di ottant’anni, il padre Giacomo lavorava ancora la terra, e continuava a insegnare ai figli gli stratagemmi indispensabili per esercitare la caccia. Era stato lui a condurre con sé Matteo e Bonifacio sul Gruppo di Brenta, laddove non giungevano nemmeno i camosci. Fu così che i due fratelli impararono a conoscere ogni sasso delle loro montagne, fino a scoprire dopo l’inverno se qualche masso fosse stato mosso dalle slavine e se mancava qualche pianta nei boschi comunali.Sui nomi delle montagne, al tempo, regnava ancora una grande confusione, ma non per i fratelli Nicolussi. Un giorno l’ing. Annibale Apollonio chiese a Bonifacio il nome delle montagne d’intorno. Al che Bonifacio rispose senza titubanze: “… questa conca… noi la diciamo le Val perse, e il torrente è quello dei Messodi. Il monte qui a destra è l’Altissimo; quella cima più bassa è la Gajarda; quell’altra più alta è la Roma, poi quella verso sinistra… con la cupola è la Cima delle Val Perse; quella catena di creste, che s’avvicina verso noi, la diciamo i Messodi, ecc. Poi intervenne Matteo: “Nostro padre ci dice sempre che ai suoi tempi non c’era gran male, e che la confusione è cresciuta dopo che ci son stati i geometri che perticavano il paese. lo posso dire che da quando han cominciato a capitare quei benedetti inglesi ed altri forestieri, ch’lddio li moltiplichi come quelle formiche, là il malanno s’è fatto sempre più grande, perché di solito noi non si capisce un acca quando domandano, e loro ancor meno quando noi rispondiamo… Noi di Molveno quelle cime le abbiamo chiamate sempre così… un po’ di confusione la c’è sempre coi Nonesi, i Rendeneri e i Banalotti… Del resto sono i nomi che ho sempre sentiti dal mio povero nonno o da mio padre, epperciò devono essere vecchi come il cuco, e noi ci teniamo a mantenerli”. Alla fine Apollonio dovette ammettere che i Nicolussi avevano proprio ragione. L’incontro di Apollonio con i fratelli Nicolussi era avvenuto quando l’ingegnere giunse a Molveno con l’incarico della SAT di individuare un posto dove costruire il rifugio Tosa (10). Il rifugio verrà costruito e quindi inaugurato il 23 giugno 1881 in occasione del IX raduno estivo sociale della SAT a Molveno. Il costo del manufatto ammontò a 1.260 fiorini e 250 per l’arredamento (11). Per la sua posizione pittoresca (12), per la bellezza del lago e delle montagne vicine, per la vicinanza dei boschi, Molveno appariva come un amenissimo luogo di soggiorno per turisti di ogni genere. Nonostante tutto ciò, già nel 1864, John Ball aveva commentato con disappunto che Molveno fosse un luogo vergognosamente dimenticato dai viaggiatori, mentre, se fosse stato in Svizzera, sarebbe stato senza fallo il più visitato dai turisti durante tutta l’estate (13). A riprova di ciò l’ampezzano, infatti, da molto tempo aveva avuto un incremento vertiginoso di turisti, proprio grazie alle strutture d’accoglienza. Alla fine l’albergo verrà costruito. A prendere in mano la situazione fu il roveretano Osvaldo Orsi – docente e direttore della Scuola agraria di San Michele all’Adige – assieme ad un gruppo di azionisti, tutti soci della SAT, i quali fondarono la Società Hotel Molveno. Tra questi figurava Attilio Bettega – la cui famiglia ancora oggi gestisce l’albergo. I lavori, iniziati nel 1903, si conclusero felicemente con l’inaugurazione del 1905. Alcune prime ascensioni dei fratelli Nicolussi La Brenta Alta 2960 m è un massiccio mastodontico ed elegante, uno dei giganti del gruppo centrale del Brenta. La sua cima a chi la raggiunge offre un punto di osservazione per godere un panorama inconsueto che si proietta sul Campanile Alto, sulla Torre di Brenta e sui colossi della Tosa e del Crozzon. Il 19 agosto 1880 (14) a salire per la prima volta la Brenta Alta furono proprio i fratelli Nicolussi che fecero da guida ad Annibale Appollonio e Giorgio Rossaro, salendo per il versaAltra meta interessante per l’alpinista è la Torre di Brenta 3014 m, una cima “superba ed elegantissima” (15), fra le più elevate di tutte le Dolomiti, che con i suoi oltre 3000 m di quota, con il Campanile Basso, il Campanile Alto e gli Sfulmini, rappresenta il cuore delle Dolomiti di Brenta. I primi a violarla furono Matteo Nicolussi con il pittore anglo-tedesco Edward Compton il 24 giugno 1882 (16). L’impresa non fu così facile. Matteo dovette infatti arrampicare come un gatto per poter trovare la via, metro dopo metro, con l’incertezza di non poter ritornare sui propri passi, ma Compton era fiducioso in Matteo, convinto che fosse “… uno de migliori arrampicatori di montagna” (17). Il 21 luglio 1882 Teo Nicolussi e Antonio Dellagiacoma, con i clienti Alberto de Falkner e Compton, salendo dalla Bocca di Brenta, raggiunsero, primi violatori, la Cima Brenta Bassa 2809 m: una montagna che un tempo era conosciuta con un nome che proprio non si meritava: “Brentolina”. nte nord. Con de Falkner i Nicolussi ebbero a realizzare varie imprese come le seguenti. La Cima Vagliana 2861 m è una grande piramide di solida roccia ramificata, che costituisce la parete nord del Massiccio della Pietra Grande con la cima omonima 2937 m. La prima ascensione documentata fu quella realizzata da Alberto de Falkner col figlio Orazio assieme a Compton con le guide, ormai di loro fiducia, Matteo Nicolussi e Toni Dellagiacoma. Il percorso venne compiuto il 14 luglio 1883 salendo per la Val Gelada e la cresta ovest, attraversando poi la Pietra Grande. Nel stesso mese di luglio Compton e de Falkner, sempre con Matteo Nicolussi e Dellagiacoma, saliranno il Mondifrà Alto 2528 m – un ardito corno roccioso isolato, prossimo alla destra della Val Gelada – salendo dal versante ovest. Poi fu la volta della Cima Falkner nel Massiccio del Grosté, situato tra il Campanile di Vallesinella e quello dei Camosci, che, solo per un metro non può figurare tra i tremila dolomitici. Un tempo il suo nome era Rocca di Vallesella. Fu con l’ascensione del 17 luglio 1883, realizzata da de Falkner e Compton con le guide Matteo Nicolussi e Toni Dellagiacoma, che essendo una prima assoluta, la ribattezzarono Cima Falkner. Il 19 luglio 1883 ancora una volta assieme a de Falkner e Compton con Matteo Nicolussi e Dellagiacoma venne realizzata la prima del Monte Daino 2695 m, nel Sottogruppo del Ghez. Il valore aggiunto di questa montagna sta nel fatto che gode di un isolamento particolare rispetto alla Catena di Brenta, creando così un punto di osservazione che è tra i migliori della zona. Il giorno appresso, 20 luglio 1883, è ancora Matteo Nicolussi a realizzare la prima ascensione della Cima Ceda Orientale 2757 m, che si alza ad est della omonima occidentale, su quella cresta che separa la Pozza Tramontana dall’inizio della Val d’Ambraz. Matteo era stato ingaggiato ancora una volta da Alberto de Falkner e Edward Compton e come seconda guida c’era ancora il fido Antonio Dellagiacoma. La stagione alpinistica del 1884 per Matteo Nicolussi fu davvero fortunata. Egli infatti ebbe a guadagnarsi il titolo di “alpinista dell’anno” grazie alla conquista del Crozzon di Brenta, dopo che per molto tempo era stato invano tentato da vari alpinisti e guide (18). 1° agosto 1884. Alberto de Falkner con il figlio Orazio e G. Pigozzi, con Toni Dallagiacoma e Matteo Nicolussi realizzarono la prima ascensione dell’elegante Cima Molveno 2917 m salendo dalla Vedretta degli Sfulmini per lo Spallone Ovest. Edward Compton e Alberto de Falkner, già nel 1882, avevano tentato di violare la cima, ma senza tuttavia riuscirci (19). L’8 agosto 1884, Matteo Nicolussi con Karl Schulz di Lipsia calcherà per primo il Crozzon di Brenta (20), una salita complessa e difficile che venne realizzata attraversando la cresta dalla cima Tosa (21). Nel 1885 la SAT organizzò un raduno per inaugurare ufficialmente la Cima Quintino Sella, nome che le era stato assegnato dai satini Carlo Candelpergher, Silvio Dorigoni e Riccardo Thaler per onorare la memoria del fondatore e primo presidente del CAI (1863). La cima era stata violata il 6 luglio 1884. In occasione dell’evento venne posta anche una targa di bronzo e alcuni alpinisti della SAT programmarono delle ascensioni in montagna. Carlo Candelpergher e Riccardo Thaler avevano stabilito di salire l’ancora inviolato Crozzon di Brenta 3122 m. Era l’8 luglio 1885 e ad attenderli c’era Matteo Nicolussi (22). La mattina appresso, accompagnati da Matteo e dal portatore Giovanni Peterlini di Terragnolo, gli alpinisti lasciarono il rifugio alle 3.55 e alle ore 6 erano già in cima alla Tosa. Dopo un quarto d’ora di sosta, giusto per tirare il fiato, calatisi lungo una parete per 50 m e poi in trasversale per altri 20, gli alpinisti vennero a trovarsi in una valletta ghiacciata, che passarono con l’aiuto delle piccozze. Alle 7.55 erano sulla prima cima del Crozzon. Per raggiungere poi la seconda punta dovettero calarsi per 200 m per poi risalire una valletta, resa pericolosa per la caduta di sassi. Superato anche questo pericolo, alle 8.10 giunsero senza  grande fatica in vetta alla seconda cima. L’entusiasmo era tale che i due satini si misero a urlare a squarciagola il motto della società: Excelsior! Sfogato l’entusiasmo, gli alpinisti scesero la valletta che separa le due cime del Crozzon calandosi di 50 m, per poi passare un couloir piuttosto difficile. Discesero quindi con successo una parete verticale che presentava buoni appigli, per cui poterono scendere laddove la seconda cima si univa alla terza (23). Matteo e il portatore salirono senza problemi la terza punta del Crozzon. Erano le 8.52 e il clima dei nostri alpinisti divenne subito gioioso e solenne. Ancora una volta esplosero nell’urlo dell’Excelsior! In cima venne trovata una bottiglia contenente un biglietto di Karl Schulz datato 8 agosto 1884 (24), che per primo aveva violato il Crozzon, mentre “i nostri”, a ricordo della loro impresa, costruirono sulla cima parzialmente coperta di neve una piramide di sassi. La mattinata era perfetta: il sole splendeva incantevole sul Campanile di Brenta, Bocca di Brenta, Cima Tosa, Quintino Sella, Cima Falkner e Cima Roma. Infine ritornarono per la stessa via, giungendo al rifugio Tosa alle 13.20. Lì gli amici Tambosi e Salvadori, reduci dalla Tosa, li stavano aspettando (25). Il 25 luglio 1885 Facio Nicolussi venne ingaggiato da Gottfried Merzbacher, pellicciaio per necessità e geografo per passione. L’ingaggio di Facio aveva lo scopo di salire il Torrione di Ceda. Iniziarono col percorrere la Bocca Margherita 2720 m per salire il Canale Nord: un camino stretto e ripido, coperto di neve e molto pericoloso per la caduta di massi, per giungere infine al compimento della loro impresa. Due giorni dopo, il 27 luglio 1885, rivediamo Merzbacher, ancora con Bonifacio Nicolussi, violare la vetta del Campanile Alto 2938 m salendo il grande camino del versante nord-est. Il Campanile Alto è noto agli arrampicatori proprio per l’arditezza che lo distingue nel Gruppo di Brenta (26). La Cima degli Armi 2951 m, in dialetto “Cima dei Armi”, in onore dei cacciatori così chiamati, è una montagna massiccia e tozza che si eleva a nord-est della Torre di Brenta. Essa venne violata il 16 luglio 1884 da Matteo Nicolussi col cliente F. Vogl, salendo dalla Vedretta degli Sfulmini per il contrafforte nord-ovest: una salita di per sé facile, ma resa pericolosa per la caduta di sassi. Il 5 settembre 1887 Facio Nicolussi con i clienti Baptiste Minnigerode e Riccardo Trenti (27), un tipografo del giornale Il Popolo, salì l’anticima nord-ovest del Croz del Rifugio: un bell’esempio di parete dolomitica classica, che si apre ad anfiteatro. Nel settembre dell’anno successivo, con gli alpinisti inglesi A. H. Birch-Reynardson, I. L. Kesteren e C. H. Kesteren, Bonifacio salirà la punta più alta e centrale del Croz del Rifugio 2615 m salendo dal lato sud-ovest, e seguendo poi la cresta, aprendo così quella via che oggi è la normale. Il Dos di Dalun 2680 m è un maestoso massiccio che si innalza a forma di cupola a sud-est della Forcolotta di Noghera. La sua estremità orientale è chiamata Piccolo Das di Dalun, mentre la punta di mezzo è il Torrione Adriano Dallago. Queste cime vennero salite per la prima volta da Matteo e Bonifacio Nicolussi il 7 agosto 1893 che fece da guida ad Adolf Gstirner, un docente di materie classiche nella scuola imperiale di Graz. Il 25 agosto 1894 Matteo Nicolussi con il collega Antonio Dellagiacoma salirono la Cima Brenta per i versanti nord ed est assieme ad Angelo e Arnaldo Ferrari, Carlo Garbari, B. Lorenzetti e R. Österreicher, aprendo una nuova via. Le imprese dei fratelli Nicolussi furono anche altre, ma lo spazio dedicato, per ora almeno, si ferma qui.

 

 

Ringraziamenti

Dr. Renato Giacomelli, Archivio Diocesano di Trento; sig. Martin Achrainer, Archivio storico dell’Österreichischer Alpenverein di lnnsbruck, Austria; sig. Pio Nicolussi, Molveno.

Note

1) Anselm Feuerbach (Spira, 1829 – Venezia, 1880) pittore e docente, fu un esponente della pittura neoclassica tedesca del XIX secolo.

2) Joseph Vietar van Scheffel (Karlsruhe, 1826 – Karlsruhe, 1886), scrittore e poeta.

3) Paolo Francesco Zatta, Giuseppe Bepi Loss, Dolomiti, n. 6, pp. 7-19.

4) Sir Maurice Holzmann (Köthen – Anhalt, Sassonia, 1835 – 1909) è stato un membro della famiglia reale britannica di origine tedesca che ha servito Edoardo VII, The Alpine Journal, vol. 25, 1911, pp. 349-350.

5) Archivio Diocesano di Trento.

6) Luigi Sardi, ladige.it, 22 luglio 2015.

7)  Annibale Appollonio fu un dirigente della SAT e un ingegnere al Municipio di Trento. Progettista del primo impianto idroelettrico, grazie al quale Trento fu la prima città dell’impero absburgico ad essere illuminata elettricamente.

HOME

AVANTI

MOLVENO DOLOMITI

Concept & design by Nicolussi Pio